Estratti

Con il termine estratto si identifica un particolare tipo di preparazione ottenute per parziale o totale evaporazione del solvente di estrazione di soluzioni di droghe vegetali.

È un tipo di preparazione tipica da laboratorio, dove a volte bisogna utilizzare materiale di reperibilità non comune, e spesso anche non economico, per cui la preparazione casalinga di questo tipo di forma farmaceutica è pressoché impossibile.

La Farmacopea Ufficiale, ovvero la serie di norme legislative che codificano come preparare e controllare i farmaci e le varie forme farmaceutiche, definisce gli estratti come delle preparazioni concentrate liquide, e allora prendono il nome di estratti liquidi, solide, con il nome di estratti secchi, infine di consistenza intermedia, con il nome di estratti molli. Inoltre questo libro mastro definisce anche il tipo di solvente da utilizzare (il mestruo) per ciascuna specifica droga; in questa maniera il preparatore sarà sicuro che nella sua preparazione saranno sicuramente presenti le molecole attive.Il metodo di preparazione per entrambi i tre tipi di estratto è identico, ... continua


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      prosegui ... , a differenziarli tra loro non è altro che il grado di evaporazione a cui è stata sottoposta la soluzione iniziale.

      Si inizia con lo sminuzzare la droga secca (ovvero la pianta che intendiamo usare) e porla in macerazione per un giorno, massimo due nel solvente di estrazione che, a seconda dei principi che si intendono estrarre, può essere acqua ma più spesso alcool etilico. La quantità di solvente da usare deve essere quella strettamente necessaria per l’operazione, altrimenti la fase di concentrazione durerebbe troppo a lungo e farebbe lievitare i costi.

      Poi si passa alla percolazione, ovvero lo stesso solvente in cui è stata macerata la droga lo si fa passare attraverso un cilindro riempito della pianta e lo si fa sgocciolare molto lentamente. Si ottiene cosi una soluzione che, sottoposta a concentrazione, darà origine ai nostri tre tipi di estratti.

      La concentrazione non è altro che il far evaporare il solvente di estrazione a pressione ridotta e a temperatura non superiore ai 50 gradi, temperatura limite per evitare l’alterazione o distruzione dei principi attivi. La temperatura tiene anche contro del solvente, che molto spesso è l’alcool, sia quello a 60 gradi, che da il nome alla soluzione idroalcoolica, che quello puro a 95, soluzione alcolica. A volte si utilizza la sola l’acqua.Gli estratti fluidi si presentano sotto forma liquida e la caratteristica che li contraddistingue è il rapporto tra 1:1 tra peso estratto: peso materia prima essiccata.

      Gli estratti molli, invece, si ottengono per la concentrazione della soluzione di estrazione, fino a che “il residuo non bagna più la carta senza colla” (definizione), ovvero fino a quando il residuo secco non è inferiore al 70% in peso. A causa di questa percentuale, se si è utilizzata l’acqua come solvente, si creerebbe un ambiente adatto alla prolificazione microbica, pertanto è ammesso l’introduzione di conservanti antimicrobici.

      Una più alta resistenza al proliferare dei microbi, presentano gli estratti secchi data la loro natura praticamente esente da acqua. Infatti la percentuale del residuo secco fissata perché si possano definire come tali è non inferiore al 95%. Questo vuol dire la quasi totale assenza di acqua.

      I due processi per arrivare all’estratto secco sono la nebulizzazione e la liofilizzazione.

      La nebulizzazione prevede la riduzione della soluzione in minutissime goccioline che poi vengono colpite da un getto di d’aria calda, dando luogo alla evaporazione dell'acqua e formazione di estratto secco. Stesso risultato con la liofilizzazione, o crioessicamento, dove la soluzione è congelata e tramite pressione e temperatura si fa sublimare, ovvero passare dallo stato solido a quello gassoso, il solvente.

      La scelta dell’uno piuttosto che dell’altro metodo, oltre ai costi, viene decisa anche dal tipo di principio attivo che si vuole estrarre. Anche se si impiegano temperature di sicurezza, la nebulizzazione presenta sempre qualche rischio, che invece è totalmente assente nel crioessicamento.

      Come si sarà notato, il prodotto di partenza da cui ottenere gli estratti secchi non è altro che l’estratto fluido. Ma può anche avvenire il contrario. Se infatti diluiamo l’estratto secco con acqua o alcol, otteniamo quello fluido o molle.

      La forma secca è di più facile conservazione e per questa sua caratteristica viene quasi sempre usata per al produzione di quella fluida; questa, a sua volta, è la forma che viene utilizzata dal consumatore finale perché più facilmente misurabile. Infatti si possono contare le gocce o i cucchiaini da ingerire o diluire. Per l’utilizzazione diretta dell’estratto secco, si deve ricorrere all’utilizzo delle capsule o delle compresse, poiché ha una granulometria simile alle polveri utilizzate per la produzione di capsule e compresse.Gli estratti fluidi sono assunti ingerendoli direttamente oppure altamente diluiti in acqua, magari per ammorbidire il sapore amaro tipico degli estratti; infine possono anche essere assorbiti per via sublinguale. In questo caso si avrà un più rapido assorbimento per la presenza di numerosi capillari sotto la lingua, che evitano il passaggio nello stomaco e quindi nel fegato, dove verrebbero inevitabilmente dimezzati.

      Più spesso ancora, gli estratti sono delle preparazioni intermedia, usate per la preparazione di sciroppi. In questo caso il sapore amaro dell’estratto viene contrastato dal dolce dovuto dalla massiccia presenza di zucchero nello sciroppo. E correzioni finali di sapidità vengono quindi ad essere decisamente più facili da attuare.

      Come tutte le preparazioni a base di piante, la loro attività può essere migliorata con l’aggiunta di qualche altra pianta. Raramente però ci sono preparazioni che prevedono l’uso di più tipi di estratti, mentre è più consueto che vengano miscelati due tipi diversi di preparazioni, come quello tra estratto fluido e succo di pianta fresca, con azione identica.