Vomito
Anche solamente il sentire pronunciare la parola, vomito, fa nascere nella maggior parte delle persone un senso di ribrezzo perché immediatamente affiorano in mente i cattivi odori, le sensazioni di bruciore e malessere generale che il vomitare produce e segnano una persona.
Il vomito, che i medici chiamano emesi, non è altro che la fuoriuscita di sostanza, che può essere di varia natura, dalla bocca. È un meccanismo di difesa che l’organismo adotta in caso di ingestione di qualche sostanza velenosa o comunque dannosa. Ad esempio una intossicazione alimentare, una intolleranza alimentare, ma anche una più semplice abboffata cibo, possono indurre questo meccanismo. L’esempio riportato però è da considerarsi generico e fisiologico, tra le cause più “normali”. Sono infatti molteplici e differenti gli stimoli che inducono il vomito tra questi troviamo anche la gastrite e la gastroenterite, ostruzione intestinale, colecistite, pancreatite, appendicite, per citarne alcuni che agiscono a livello gastroenterico. Pur riguardando il sistema digestivo, il vomito può essere indotto anche per la sollecitazione dell’apparato sensoriale, sia attraverso movimento che attraverso sostanze. Tra i più classici e diffusi vi sono il mal di auto, il mal di mare e il mal d’aria, dovuti al fatto che vista e il sistema dell’equilibrio, che si trova all’interno dell’orecchio, non sono concordi e il cervello percepisce il tutto come un avvelenamento. A volte però è il cervello stesso a stimolare il vomito poiché ha subito dei traumi come nelle commozioni o emorragie cerebrali o anche in caso di emicrania.
Ci sono sostanze, come gli oppiodi o l’alcool, che non vengono recepite come dannose, ma inducono lo stesso il vomito poiché hanno la capacità scombussolare totalmente l’organismo.
Esistono anche due casi particolari di vomito: quello in gravidanza e quello bulimico.
Il primo caso è decisamente il più “piacevole”, ovviamente se si sa il perché. Solitamente è il primo segnale che la donna ha quando rimane incinta. L’alzarsi la mattina e correre immediatamente in bagno a vomitare è un indizio pressoché schiacciante dell’inizio della maternità. Solitamente si verifica pochi giorni dopo il concepimento, quando l’ovulo appena fecondato discende nell’utero e cerca di attaccarsi. Il corpo lo percepisce come un elemento estraneo, magari un parassita, e il vomito è l’arma vana per espellerlo. Dopo poco tempo i vomiti cessano in quando ormai si è già impiantato l’embrione e il corpo ha smesso di combatterlo in questa maniera.
L’altro esempio non risulta avere esiti felici. La bulimia infatti è una malattia in cui chi ne soffre non riesce a relazionarsi in maniera naturale con la propria immagine. È ossessionato dal peso percui mangia naturalmente ma alla fine dei pasti si recata a vomitare per espellere il cibo ingerito. In questo caso il vomito è indotto attraverso una sollecitazione di una particolare zona che sta all’inizio della faringe ed è facilmente raggiungibile con le dita.
Mentre per il vomito da gravidanza si può intervenire con degli espedienti naturali, in caso di bulimia bisogna ricorrere alla consulenza medica.
Uno dei primi sintomi che si avvertono come precursore del vomito è la secchezza della bocca. La salivazione viene praticamente azzerata e allo stesso momento la sudorazione diviene abbondante e continua. Il viso assume un classico pallore “verde da mal d’auto”, accompagnato da una dilatazione delle pupille anche in presenza di luce.
Dopo pochi minuti, la pancia comincia a “brontolare”, sono i muscoli addominali che si contraggono e distendono ritmicamente per aumentare la pressione all’interno dello stomaco gastrica. Come un colpo di frusta o un’onda, un’ultima e più forte contrazione parte dal digiuno prossimale spingendo dal basso verso l'alto. La contrazione verso l’alto e l’accumulo di pressione nello stomaco determinano una diminuzione del tono muscolare del cardias, che non riesce più a garantire la chiusura dello stomaco e quindi ad impedire il riversamento del contenuto gastrico lungo l’esofago fino a fuoriuscire dalla bocca.
Sono sempre è consigliabile impedire il vomito, basti pensare se si è ingerito cibo avariato o si è intolleranti a qualche alimento, ma in molti altri casi fa comodo evitare la comparsa di questo spiacevole episodio, soprattutto se si è in presenza di altre persone come nel caso di viaggi in aereo, in nave o in treno.
Sono molteplici e delle più diverse classi farmacologiche (ovvero agiscono in maniera diversa) i farmaci per impedire o prevenire il vomito, ma alcuni possono avere effetti collaterali o non essere indicati per quel determinato paziente come ad esempio una donna incinta. Basta allora rivolgersi ad un esperto erborista che senz’altro saprà indicare la tisana o la miscela di polveri di erbe più indicate per il nostro malessere. Ovviamente se stiamo viaggiando non vi è modo di prepararsi una tisana o un decotto come quando si viene colpiti dal vomito a casa, allora ci si può munire di capsule con il giusto contenuto da deglutire con un semplice sorso d’acqua.
Tra le piante da portarsi dietro durante i viaggi a rischio, non può mancare lo zenzero. È una pianta che possiede una attività antiemetica preventiva di primo ordine. Una o due capsule di zenzero prima di partire e sicuramente la voglia di vomitare non si presenterà.
Nel preparare una tisana, oltre allo zenzero, si po’ aggiungere anche cannella e chiodi di garofano, che oltre ad avere le medesime qualità, conferiranno alla bevanda un sapore particolarmente aromatico e gustoso. Questo tipo di associazione è più indicato contro la voglia di vomitare dovuto ad una abbondante scorpacciata. In alternativa si può preparare una miscela di agrimonia con achillea, rovo e mirtillo. L’infuso va bevuto a piccoli sorsi ad intervalli regolari.
Tra le tinture, le più reperibili sono quelle di agrimonia e di mirtillo, ma anche le rare tinture di agarico e lichene hanno la stessa efficacia.
Attenzione ai prodotti con l’Atropa belladonna: pur possedendo un potere antiemetico è una pianta velenosa che può prescrivere solamente un farmacista o un medico, dato che bisogna utilizzare dosaggi precisi e di certa titolazione per non incorrere ad avvelenamenti.
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