Crespino - Berberis vulgaris

Caratteristiche della pianta

Il crespino, ovvero il Berberis vulgaris L., è una pianta appartenente alla famiglia delle Berberidaceae. Questo arbusto ha diversi nomi volgari, molto differenti l’uno dall’altro, come uva spina, berberis, ossiacanto, spina bianca, oeta, cedri e trespino.

L’origine del nome è incerta. Alcuni ritengono che provenga dal greco berberi, che significa conchiglia, alludendo alla forma concava dei petali. Altri invece l’associano ai Berberi, nomadi africani, responsabili della sua diffusione (fatto non accertato).

Il berberis cresce come un arbusto cespuglioso, raggiungendo i due metri di altezza, massimo tre. Il fusto è eretto e ramificato, leggermente scanalato e fragile. È ricoperto da una corteccia grigiastra, color cenere, per la precisione, mentre l’interno è giallastro. I rami, che posso dipartire dalla base del fusto, sono ancor più fragili del fusto e anch’essi si presentano ricoperti da un sottile strato grigio di corteccia. È un albero ricoperto di spine di derivazione fogliare. Infatti le foglie dei rami sterili si trasformano dopo un anno in spine; quelle sui rami legnosi principali vengono ridotte a spine trifide, con una base allargata, a fine anno quando cadono. Infine le foglie secondarie si trovano in fascicoli dall'ascella di queste spine; sono ovali o oblunghe, alterne con margine seghettato. Un picciolo articolato alla base, coriacee e lucenti.

Dei racemi ascellari crescono da prima eretti, poi man mano che si formano i 20 - 30 fiori, diventano penduli. I fiori in se sono piccoli, gialli e leggermente peduncolati. Non si può dire che il loro sia un odore profumato, dato che a distanza ravvicinata è fastidioso, mentre non si percepisce in lontananza. Sono formati da sei sepali e sei petali, che alla base portano delle ghiandole di nettare. Da notare che per facilitare l’adesione del polline sugli insetti, al minimo contatto che questi provocano quando cercano il nettare, gli stami scattano verso lo stigma, in modo tale che dalle antere si liberi una nuvoletta di polline.

Il frutto è una bacca oblunga, di colore rosso scarlatto e sapore piuttosto acidulo, che porta da uno a tre semi, anche essi oblunghi e bruni. Il sapore del frutto è somigliante a quello del tamarindo; come frutto sembra essere gradito da mucche, pecore e capre, mentre cavalli, suini e perfino gli uccelli si rifiutano di mangiarlo.

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Coltivazione e origine

La sua origine non certa, ma in molti ritengono che sia originaria dell’Asia e che poi sia stata diffusa dai commercianti, altri sono più precisi individuando nei Berberi gli autori della sua diffusione.

Cresce dalla pianura fino ai duemila metri delle zone montane di tutta l’Europa fino al Caucaso. In Italia è comune sulle Alpi, dove non si coltiva il grano, rara nel resto della penisola; assente in Calabria, Sicilia e Sardegna.

È oramai una pianta quasi impossibile da trovare allo stato agreste. Infatti è stata estirpata senza cura, sopratutto nei dintorni dei campi coltivati, quelli coltivati a frumento in particolare; questo perchè risulta essere l’ospite intermedio della Puccinia graminis Pers., fungo parassita del grano, chiamato anche “ruggine del grano”.

Il terreno che predilige è quello calcareo – argilloso, ben drenante ed esposto al sole. Ha bisogno di frequenti annaffiature quando è giovane; quando è adulta la sola pioggia riesce a soddisfare i suoi fabbisogni. Da tener presente che la scarsità di acqua è sì ben tollerata, ma questa induce ad una più veloce e maggiore trasformazione delle foglie in spine.

Il crespino si moltiplica o per seme a novembre o per talea a fine agosto – inizi di settembre. Le talee prima devono radicare in un miscuglio di sabbia e terriccio, dopodichè le nuove piante possono essere messe a dimora in inverno (ottobre – aprile) in buche profonde e ben drenate.

Una concimazione organica è ben gradita dalla pianta.

Parti utilizzate

Sono tre le parti della pianta che vengono utilizzate nella fitoterapia: la corteccia delle radici, che viene raccolta in autunno inoltrato; le foglie, raccolte in primavera; infine i frutti che vengono colti a maturazione.

Tecniche di raccolta

Non vi è una vera e propria tecnica di raccolta.

La corteccia si stacca praticando quattro incisioni a rettangolo e staccandola dal resto dell’albero.

Per le foglie e i frutti invece si possono utilizzare delle forbici da giardino e piccole cesoie, facendo attenzione alle spine.


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Proprietà e uso nella storia

Nel medioevo lo si usava erroneamente come cura contro il tifo. La credenza che potesse combattere questa malattia era data dal fatto che è in grado di abbassare la temperatura corporea e a dare un momentaneo sollievo, senza però intaccare la vera causa della malattia.

Principi attivi (descrizione dei componenti)

La corteccia del berberis è ricca di alcaloidi isochinolinici, in modo particolare di berberina, con una concentrazione che può arriva anche al 1,3%; questa molecola è anche un colorante giallo. Altri alcaloidi presenti sono la oxiacantina, la berbamina, la palmatina, la beberubina, la columbamina. Si riscontrano anche resina, olio essenziale, mucillagine, zuccheri, pectina e tannini.

Anche le foglie presentano alcaloidi, ma è presente la sola berberina; inoltre troviamo l’acido citrico e malico. Questi due acidi sono presenti anche nei frutti assieme all’acido tartarico, pectina, gomma e zuccheri.


Crespino: Benefici e avvertenze

Stomachico - eupeptico

È un tonico amaro usato come stomachico nelle dispepsia; regolatore della funzionalità digestiva. Ha anche il potere di stimolare l’appetito nei casi di inappetenza.

Lassativo

A dosi elevate, ma non eccessive, è un purgante di lieve entità, utile nei casi di costipazione e stipsi.

Epatoregolatore

Agisce regolando l’attività del fegato attraverso un’azione purificatrice, facendolo rientrare nei limiti funzionali nei casi di ipertrofia epatica e ittero.

Colagogo

Strettamente legata alla funzione epatoregolatrice è quella più specifica della produzione e rilascio della bile, colagogo per l’appunto, che previene positivamente i casi di litiasi biliare (calcoli biliari).

Ovviamente vi è anche una miglior emulsione dei grassi a livello intestinali causata dal maggior rilascio di bile.

Diuretica

La funzione diuretica è data per lo più dalla foglie. Indicata nei casi di idropsia, termine medico per indicare l’accumulo di liquidi. Con questo effetto, il berberis è indicato per chi soffre di renella, cioè depositi sabbiosi nei reni. Infatti ne facilità l’eliminazione tramite l’urina ed evita che si accumuli gli ossalati, responsabili della sua formazione ed eventualmente trasformazione in calcoli.

Antiscorbutico – adattogeno

la grande quantità di vitamina C, fa si che la si possa catalogare come pianta antiscorbutica. Anche al giorno d’oggi lo scorbuto è praticamente scomparso, ciò non vuol dire che non si possa sfruttare il suo contenuto in vitamina C come adattogeno contro i raffreddori invernali e primaverili.

Febbrifugo

La proprietà di abbassare la temperatura corporea contenuta nei frutti, spingeva il berberis ad essere usato come febbrifugo generale, sia che si trattasse di febbre da influenza, che febbre tifoidea.

Prodotti in commercio

Potendo usare tutte le parti della pianta, si possono realizzare tutte le forme: polvere per capsule e compresse, decotti, tisane ed infuso, estratti fluidi e tinture.

Controindicazioni

Non sono state riscontrate interazioni con farmaci.

Avvertenze

Ad alte dosi si possono avere intossicazioni a causa dei molti alcaloidi presenti.

Si sconsiglia la somministrazione ai bambini.


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