Farfaraccio - Petasites officinalis

Caratteristiche della pianta

Petasites officinalis Moënch. o Petasites hybridus è lo strano nome scientifico dato al farfaraccio maggiore. Il nome deriva dal greco petasos, che significa ombrello, in riferimento alle grandi dimensioni delle sue foglie, e che con la partecipazione della fantasia possono essere immaginate come degli ombrelli.

Il farfaraccio viene anche chiamato cappellacci, fior di cipresso, tossilaggine maggiore, barde, ciapelass, capelocc, lesche o erba per la tegna.

Fa parte della famiglia delle Asteraceae. È una piana erbacea perenne che cresce solo fino al massimo di 80 cm.

Il caule è rotondo pubescente, coperto di foglioline squamose che presentano una lanugine nella parte inferiore e sono screziate di rosso.

Le foglie radicali sono molto grandi, intere di forma rotonda-cuoriforme alla base, con il margine seghettato o dentato. Sono dotate di un lungo picciolo e di una guaina amplessicaule. Quando sono giovani presentano su entrambe le pagine una leggera peluria, che sparisce con la crescita, ma solamente sulla pagina superiore, mentre permane in quella inferiore.

Come tutte le Asteraceae, produce delle infiorescenze, che sono a pannocchia o spiga, portate alla sommità del fusto. I fiori inseriti in queste possono essere maschili o femminili. I fiori femminili sono più lunghi e addensati rispetto ai fiori maschili, che sono brevi e a gruppi sciolti. Le corolle sono di colore viola pallido o rossastro, a forma di campana nei fiori maschili, e contenenti abbondante nettare; filiforme solo nei fiori femminili. I fiori appaiono in febbraio – marzo.

I semi sono sormontati da un pappo piumoso bianco.

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Coltivazione e origine

In Italia la troviamo diffusa lungo i ruscelli e i fossati delle Alpi e degli Appennini. Infatti è una pianta che vive in terreni umidi, ricchi d’acqua, freschi, meglio se calcarei. Gradisce le giornate lunghe con molta luce, ma questa non dovrebbe essere diretta. Non abbisognano di particolari cure se non qualche annaffiatura quando il terreno diventa asciutto.

A propagazione per divisione dei rizomi è la migliore. Si effettua in autunno e si trapianta immediatamente senza lasciar asciugare i rizomi, che altrimenti morirebbero.

Parti utilizzate

Parte della piante che viene impiegata nell’erboristeria o nella medicina popolare è il rizoma, che risulta essere di colorazione nerastra all'esterno e biancastra all'interno. Ha un sapore amaro e sgradevole, a causa della resina che contiene.

Tecniche di raccolta

Non sono state sviluppate tecniche di raccolta, data la tossicità della pianta. Il metodo consigliato è quello di utilizzare una vanga per poter portare alla luce il rizoma ed estirparlo. Caso mai non fosse immediato a causa delle radici saldamente ancora al suolo, allora procedere al loro taglio, anche per mezzo della vanga stessa.


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Proprietà e uso nella storia

Grazie a Dioscoride, sappiamo che gli antichi greci sfruttavano le foglie del farfaraccio per combattere i problemi della pelle.

Nel Medioevo, invece, le radici di farfaraccio erano ridotte in polvere e bevute con il vino per combattere le febbri provocate dalla peste.

Anche gli indiani d’America conoscevano il farfaraccio e lo usavano per far passare il mal di testa e le infiammazioni provocate dalle più svariate cause.

Nell’europa del ‘500 era usato combattere “le ulcere corrosive, che mangiano la carne” (Pier Andrea Mattioli, “Commentari alla Materia Medica di Pedacio Dioscoride di Anazarbeo”)

Descrizione dei componenti:

Le molecole tipiche del farfaraccio sono la petasina, la isopetasina, la S-petasina e la iso-Spetasina, che gli conferiscono le proprietà antispasmodiche.

Poi sono stati isolati idrocarburi sesquiterpenici, alcool triterpenico, inulina, zuccheri e mucillagini.

Infine tracce di sali minerali, cera, resina e fenolo con acido tannico.

Da evidenziare la presenza di alcaloidi altamente tossici che ne limita l’uso.


Farfaraccio: Benefici e avvertenze

Antiallergenico

Secondo dei recenti studi, si è potuto appurare che l’uso di una piccola quantità di farfaraccio per quattro volte al giorno può avere un effetto paragonabile a quello di un antistaminico, senza però produrre gli effetti collaterali del farmaco sintetico. Si è visto le la petasina blocchi la liberazione di istamina, responsabile della congestione nasale e della rinite di tipo allergico.

Antispastica – sedativa

Questa pianta sembra essere utili anche negli stati di ansia, nervosismo, agitazione generale. La sua molecola attiva, la petasina, agisce rilassando il sistema nervoso e la muscolatura liscia involontaria mostrando cosi una azione ipotensiva generale. Questo significa che riesce a trovare applicazione, oltre che nelle allergie, anche come sedativo nei casi di insonnia, coliti, spasmi muscolari e dolori mestruali.

Nella medicina popolare è usata anche come un tonico cardiaco, come diuretico, come rimedio nelle febbri, asma, raffreddori e disturbi urinari. Gli impiastri di foglie fresche vengono usate esternamente per il trattamento delle lesioni e abrasioni cutanee.

Prodotti in commercio

Dalle radici di farfaraccio si ricava una polvere che poi viene usata per produrre compresse e riempire capsule. Oppure si produce anche l’estratto fluido e la tintura.

Queste formulazioni sarebbero possibili solo se prodotte industrialmente e obbligatoriamente con l’eliminazione degli alcaloidi, ma il divieto di utilizzo di questa pianta non ne ha consentito la sua commercializzazione.

Controindicazioni

Se ne sconsiglia l’uso a bambini, donne in gravidanze e in allattamento.

Avvertenze

La presenza di alcaloidi tossici la rende una pianta pericolosa. Non utilizzare la pianta che si è andati a raccogliere da se, ma rivolgersi sempre alle erboristerie dove i preparati sono stati purificati dalle molecole tossiche.

Il farfaraccio è iscritto nella lista redatta dal ministero delle salute delle piante non ammesse negli integratori alimentari.


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