Con il temine salvia si indicata generalmente la Salvia officinalis L., quella più comune e usata, anche se tale nome indica anche un Genere botanico che raggruppa differenti specie, molto simili tra loro, ma non egualmente efficaci e con le stesse attività.
Il nome salvia sembra derivare dal latino salvus, sano, alludendo ad una prima proprietà riscontrata da questa pianta, quella antibatterica, che veniva sfruttata bendando le ferite dei soldati nell’Antica Grecia e nell’Impero Romano.In modo identico la chiamano anche gli spagnoli, mentre sono solo assonanti i nomi inglese e francese, rispettivamente sage e sauge. Totalmente differente quello in lingua germanica: achte salbei.Il nome salvia ricompare spesso nei nomi volgari italiani, accompagnata però da diversi aggettivi: salvia comune, di uccelli, domestica, maggiore, nostrale, tè della Grecia (per l’uso che aveva questa popolazione di prepararsi il “the” con la salvia). Erva savia, salbie, sevia, salevia, sarvia, salbia bianca.Appartiene alla Famiglia delle labiate, è una pianta perenne o poliennale, in coltivazione si tende a mantenerla per 3-4 anni, poi si rinnova la cultura con nuova piante. È una suffrutice che quindi mostra le parti basali significate e un fusto quadrangolare.La radice è lunga e fusiforme con diverse radichette laterali.Le foglie sono opposte, con un lungo picciolo, e molto grandi: possono raggiungere le dimensioni di 10 cm di lunghezza e 3 di larghezza. La loro forma è ovale oblunga, fittamente pelose su entrambe le pagine. Il margine è leggermente crenato, mentre le nervature sono finemente reticolate. Hanno un odore fortemente aromatico dovuto all’olio essenziale in esse contenuto, ed un sapore amaro astringente.I fiori sono di color blu-violaceo, raggruppati in verticilli o glomeruli disposti in grappoli poco compatti. La corolla bilabiata, con il labbro superiore diritto e smarginato. Quello inferiore è trilobato.Il frutto è un tetraachenio a cocchi, 4, ovoidali, che contengono minuscoli semi.È una pianta di chiara origine mediterranea, infatti abbiamo notizie di un suo uso da parte dei medici di faraoni. Si è diffusa poi in tutta l’Europa, dove la troviamo spontanea nei luoghi aridi e pietrosi, con una esposizione in pieno sole. Arriva ad adattarsi fino alle più basse altitudini delle montane, dove il freddo non la fa ancora da padrone.La propagazione per talea è quella più efficiente. Si mettono a radicare le talee in una substrato sabbioso per poi metterle a dimora in un campo calcareo e ben drenante, per evitare i ristagni idrici a cui è particolarmente sofferente. D’obbligo l’esposizione al sole.Se si preferisce si può anche partire dal seme, che deve essere piantato ad inizio primavera in semenzaio oppure alla fine sempre della primavera ma in campo aperto. L’importante è che la temperatura non scenda al di sotto dei 10°C, sotto la quale la germinazione viene bloccata. Nel primo periodo le annaffiature devono essere regolari ma non troppo abbondanti, per non lasciare la terra troppo umida. Successivamente si possono ridurre dato che sopporta meglio il terreno secco di quello umido.Sebbene sia rustica e poco esigente, il dover fruttare le foglie impone una concimazione a base azotata per favorire le sviluppo fogliare. Il taglio delle parti floreali, prima che queste si sviluppino del tutto, aumenterà la produzione di foglie. Parti utilizzateSi utilizzano le grandi foglie, sia essiccate che fresche. tecniche di raccoltaSi può effettuare una raccolta di precisione, ma lunga e impegnativa come quella a mano, dove le singole foglie vengono tagliate per mezzo delle forbici. Con questa tecnica non solo si preserva la pianta per l’intero anno, permettendo una raccolta continua a seconda dell’andamento delle clima, ma si selezionano anche le parti migliori.Oppure si pratica il passaggio con una falciatrice, le cui lame sono state precedentemente settate all’altezza più opportuna. Cosi però si taglia indiscriminatamente tutta la pianta e il prodotto deve poi essere selezionato eliminando le parti non necessarie. Con questa tecnica si ha più prodotto in una sola volta, ma bisogna aspettare più tempo per un successivo taglio poiché la pianta deve aver tempo di ricrescere.Conosciuta e utilizzata fin dall’antico Egitto dei faraoni, la salvia era considerata una pianta magica che aiutava le donne a rimanere incinte.
Nell’antica Grecia, invece, aveva diversi impieghi. Il suo decotto serviva per curare i disordini mestruali e le infiammazioni genitali. Dioscoride usava anche per la disinfezione delle ferite, come prevenzione contro gli avvelenamenti e come antidoto per i morsi dei serpenti. La Scuola Salentina nel Medioevo all’inizio se ne serviva per stimolare genericamente l’amore, ma in il passare degli anni prese connotazioni più specifiche come quella di stimolare la produzione di sperma nell’uomo, mentre rendeva sterile e frigida la donna.Ne l500, si cambio nuovamente idea e la salvia ridiventò una pianta adatta alla donne, soprattutto se questa avesse avuto problemi di travaglio con il nascituro. Infatti si scriveva che impedisse la nascita prematura, ma anche che purificava l’orina e il sangue mestruale.Nel 1700 diventò una sorta di panacea. Veniva prescritta per curare molte malattie e problemi. Gli si ascrissero virtù toniche, stimolanti, febbrifughe, sudorifere, antispasmodiche, nervine, stomachiche, antitussive, anti catarrali, anti reumatiche, alcune delle quale oggi confermate, altre decisamente fuorvianti.descrizione dei principi attiviLa distillazione in corrente di vapore delle foglie di salvia produce un quantitativo che varia dal 1% al 2,5% di olio essenziale. Questo è composto per ben il 60% di tujone, molecole tossica che si riscontra anche nell’assenzio, responsabile di effetti convulsivi in caso di abuso. La restante composizione è fatta di monoterpeni, tra cui molto cineolo, e sesquiterpeni. Completano il fitocomplesso i tannini, tra cui l’acido rosmarinico, flavonoidi come la liteolina e triperpeni come l’acido oleanolico.Antinfiammatorio – antibatterico
Uno degli usi erboristici della salvia, ripreso dalla cosmetologia per la produzione di dentifrici e collutori, è quello di essere usata per gargarismi contro le infiammazioni della zona orofaringea, delle gengiviti, nonché nelle più generale disinfezione della bocca grazie al suo potere antibatterico (da cui si spiega il bendaggio delle ferite che veniva suggerito da Dioscoride).Contro l’alitosiL’uso popolare e ricorrente della salvia e i suoi estratti per rinfrescare l’alito hanno dato ottimi risultati anche contro la più semplice ma problematica alitosi. L’intensità dell’aroma sprigionato dalla masticazione delle foglie, o dagli sciacqui con i suoi estratti, hanno la capacità di mascherare l’alito fetido.Anti sudoriparo – anti idroticoLe tisane di salvia, o gli estrati alcolici, vengono usate per ridurre la sudorazione nei casi di iperidrosi. Questa azione è stata dimostrata con degli esperimenti, ma la sua applicazione non ha trovato una regolare posologia, infatti la durata varia a seconda del soggetto tanto che in alcuni di essi la traspirazione è stata bloccata anche per 3 giorni di seguito.Prodotti in commercioAmpiamente diffusa su tutto il mercato erboristico e culinario, la salvia si può reperire sotto qualsiasi forma. Quella secca o fresca, come condimento culinario, è forse la più commercializzata, ma non danno luogo a preparati specifici in campo erboristico, almeno in Italia.Mentre differente discorso si può fare per i suoi estratti: tintura, estratto fluido e olio essenziale. Queste, oltre ad essere a presenti come forme a se stanti, rientrano anche nella formulazione di alcune specialità antisettiche orofaringee e alcuni regolatori gastrointestinali e colagoghi.ControindicazioniSebbene non tutte le specie di salvia contengano lo stesso quantitativo di tujone, è opportuno evitare che le donne in stato di gravidanza non assumano né l’olio essenziale né l’estratto alcolico per scongiurare qualsivoglia rischio.AvvertenzeIn alcuni soggetti, l’ingestione della salvia può inibire la traspirazione anche per alcuni giorni.L’uso prolungato di estratti alcolici o dell’olio essenziale possono dar luogo ad attacchi convulsivi.
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