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Se si coltiva l’Atropa belladonna bisogna tener conto che il prezzo di vendita viene determinato a seconda della quantità di alcaloidi presenti, per cui è essenziale che la coltivazione avvenga nella maniera più omogenea possibile e nelle miglior condizione, in modo tale da poter ottenere il massimo ricavo.
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Quando Linneo la classificò, volle darle un nome che richiamasse subito la sua ben nota velenosità, e Atropa fu un nome azzeccato, che richiama dalla mitologia Atropo, una delle tre sorelle che decidevano la durata della vita dell’uomo. In modo particolare, Atropo, era quella che recideva il filo della vita determinando la morte dell’individuo.
Attraverso degli scritti medici che ne descrivono gli effetti velenosi, si apprende che nel 1580 circa, gli scozzesi riuscirono ad avere la meglio contro gli invasori danesi proprio perché a questi, durante una tregua, fu offerto del liquore in cui erano state messe a macerare delle bacche di belladonna e quindi furono facilmente sopraffatti e uccisi nel sonno dagli scozzesi.Il nome belladonna, invece, deriva dalla consuetudine delle donne di utilizzare le bacche di questa pianta per dare splendore al proprio viso. Nei secoli XV e XVI usavano il succo delle bacche per curare la pelle del viso, ma soprattutto per far esaltare gli occhi, in quanto una sostanza in esse contenute, l’atropina, dilata la pupilla, dando l’impressione di una maggiora grandezza degli occhi, all’epoca segno di vanità.Il succo delle bacche, però, è stato usato anche per scopi tintori. Infatti l’immersione dei tessuti nel suo macerato, tingeva le stoffe di un bel colore verde.Nel 1800 circa, a causa di una massiccia intossicazione tra i soldati, fu possibile per i medici determinarne gli effetti tossici: convulsione, vertigini, inebriante e allucinatoria.descrizione dei principi attivi:Nell’Atropa belladonna sono stati isolati molti componenti tossici, che però, usati saggiamente, sono risultati ottimi alleati della medicina. Gli alcaloidi sono la principale e più abbondante classe di principi attivi che sono stati isolati. In modo particolare si riscontrano elevate dosi di josciamina e scopolamina, le quali poi si trasforma in atropina. In particolare 80-90% è L-josciamina, contenuta in tutte le parti della pianta, che una volta essiccata si trasforma, come detto, in atropina.Altri composti presenti nella pianta non sono particolari e si possono riscontrare anche in altre specie; troviamo dunque flavonoidi, tannini, zuccheri e curarine.Il beneficio maggiore derivato dalla Belladonna è quello della scoperta e uso medico della atropina, sostanza capace di dilatare la pupilla dell’occhio per un più attento esame oculistico.
Purtroppo la pianta non ha applicazioni pratica in erboristeria, anzi ne è vietato l’utilizzo data la sua alta tossicità.Prodotti in commercioIn commercio ci sono molti prodotti oculistici a base di atropina, ma raramente questa è derivata ed estratta dalla belladonna. Si preferisce produrla in laboratorio.Prodotti erboristici e cosmetici contenenti anche sole minime tracce di Atropa belladonna sono fuori legge per cui non sono reperibili.ControindicazioniPianta tossica il cui avvelenamento può portare alla morte se non tempestivamente trattato.AvvertenzeLa pianta è altamente tossica tanto che il Ministero della Saluta ne ha proibito l’uso in campo erboristico e alimentare. Gli unici autorizzati a poterla utilizzare sono i medici, mentre i farmacisti sono i soli che la possono commercializzare, solo ed esclusivamente sotto ricetta medica che ne indichi dosaggi e frequenza di assunzione. C’è anche da dire che però non viene mai prescritta.Le bacche, anch’esse mortali, possono essere scambiate dai bambini come frutti di bosco o mirtilli.
La Belladonna è una delle piante medicinali più pericolose diffuse nell’area mediterranea; contiene un alcaloide, l’atro
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