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Individuare la carenza di vitamina D non è sempre facile, se non quando patologie derivanti sono ormai conclamate, come nel caso dell'osteoporosi, che si riscontra attraverso la fragilità ossea, oppure nel caso della osteomalacia o ancora del rachitismo, quando ormai la struttura scheletrica appare già irrimediabilmente deformata. Tuttavia, alcuni sintomi di minore entità possono lasciar intuire la presenza di una carenza di vitamina D già poco tempo dopo l'insorgenza, permettendo di intervenire ed evitare l'insorgere di più gravi disturbi. Gonfiore alle giunture, dolori articolari, ossei e muscolari, crampi, formicolii sono tutti segnali che possono tradire la sofferenza muscolare e il mancato apporto di questa preziosa vitamina in quantità sufficienti a garantire lo stato di salute. A tali sintomi si accompagna un senso di spossatezza generale e di stanchezza fisica prolungata, che nei casi più gravi può diventare invalidante e impedire il normale svolgimento delle azioni quotidiane. Questi sintomi, se presenti in contemporanea, devono pertanto essere considerati come un campanello d'allarme da non sottovalutare e che richiedono il consulto medico per l'individuazione del problema e della terapia.
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La carenza di vitamina D può avere diversi tipi di causa e, di conseguenza, alcune categorie di persone possono risultarne più a rischio. In particolare, l'assorbimento della vitamina può venire compromesso anche se la vitamina stessa viene introdotta secondo modalità adeguate attraverso l'alimentazione: è il caso del morbo celiaco o di altre patologie che colpiscono l'intestino e il suo assorbimento delle sostanze utili all'organismo, come il morbo di Chron. Nemiche dell'assorbimento della vitamina D sono anche le patologie epatiche di varia natura e quelle renali, che influiscono in vario modo sul metabolismo e sull'assorbimento delle sostanze nutritive. Pancreatite, fibrosi cistica, cirrosi biliare sono altre malattie che possono generare una situazione di malassorbimento, così come tutte le situazioni di alterazione metabolica. In presenza di tali disturbi, è importante mantenere monitorata la situazione con cadenza regolare, per avere la certezza di non incorrere negli effetti collaterali legati alla carenza. In assenza di altre patologie, la carenza di vitamina D può legarsi invece ad un'alimentazione errata oppure all'assenza di esposizione alla luce solare, che ne permette la sintesi. In particolare, una dieta vegetariana o vegana presenta maggiori rischi di incorrere nella carenza, poiché la vitamina D è contenuta in maggiori quantità all'interno di alimenti di origine animale, anche se non ne sono gli unici portatori.
Come detto, la vitamina D è maggiormente presente in alcuni alimenti di origine animale, come latte, burro, uova, carni bianche e pesce. Trota, sogliola, sgombro, salmone, pesce spada, storione, tonno e sardine costituiscono le varietà ittiche in grado di garantire il maggior apporto di vitamina D e sono dunque da preferire in coloro che, magari per problemi legati a patologie che provocano il malassorbimento, necessitano di ingerire maggiori quantità di tale sostanza per assicurarsene un apporto adeguato. La loro eliminazione dalla dieta, di conseguenza, potrebbe portare ad una maggiore predisposizione alla carenza di vitamina D, alla quale porre rimedio attraverso l'assunzione controllata di altri alimenti che la contengono e che sono di origine vegetale. In particolare, nella dieta non devono mancare i legumi e le verdure a foglia larga. L'assimilazione della vitamina D, come visto, si lega inoltre all'esposizione alla luce solare: anch'essa, dunque, non deve mancare e se messa in atto a breve distanza dal pasto è in grado di favorire una maggiore assimilazione della vitamina ingerita.
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